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Locchio degli alberi

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IL LUME ACCESO

 

Il lume acceso non sembra una stella

dai camini fumano sterpi appena colti

mani frettolose saggiano il calore

 

per non piegarmi ad altra liturgia

seguo l’occhio degli alberi

che guarda fisso il cielo

separando le chiome ad ogni riflesso

di luna in controluce

 

nell’angoscia di chi senz’odore di casa

sente svanire una preghiera

leggo alfabeti da seminare

come profeta che cammini

da solo tra gente che non ricorda

ciò che toccava

 

*

 

LE SPERANZE COMINCIANO A SVANIRE

 

le speranze cominciano a svanire

e già non ricordi quali fossero

                        quale tormento

ha impoverito il corso

e che rami stanchi di stormire

entrano nell’acqua pensieri

 

cerchi altro l’alba non ha sibili

le voci in serbo brillano al respiro del vento

e la riva è la stessa   assente il battelliere

 

cammini coi tuoi compagni

in una fila antelucana di verde

i corpi passati da desideri incerti

                      l’uomo si riconosce

da cenni rapiti nell’oscurità

 

 

[ tratte da L’occhio degli alberi, EdiLet, 2013 ]

 

 

 

 Eugenio Nastasi - 11/08/2013 18:43:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Ringrazio di cuore Nicola e Loredana per l’attenzione ai miei versi niente affatto superficiale o d’accatto visto che hanno stigmatizzato alcuni aspetti precipui della mia scrittura, anche se si sono affidati a due sole liriche di un testo che ha la pretesa, se me lo consentono, di avere un assetto poematico.
E ringrazio Roberto e Giuliano per avermi proposto all’attenzione degli amici del loro blog.

 Loredana Savelli - 07/08/2013 08:44:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

"l’uomo si riconosce
da cenni rapiti nell’osurità": versi bellissimi, resituiscono il senso della fragilità esistenziale, che appartiene tanto ai "rami stanchi" quanto alla "gente che non ricorda ciò che toccava". Un unico respiro, doloroso, la stessa riva, ma è "assente il battelliere": l’inconsapevolezza del soffrire, l’incertezza del desiderio niente tolgono al soffrire e al desiderare.
Lucide poesie, evocano l’irrecuperabile simbiosi tra uomo e natura, e affidano all’albero una sapienza perduta.
Molto belle, grazie, un saluto.

 Nicola Romano - 06/08/2013 22:28:00 [ leggi altri commenti di Nicola Romano » ]

Percorrendo un complesso respiro silvano, Nastasi penetra una silente penombra boschiva entro la quale egli continua a porsi tante domande, alcune certamente senza risposta, per cercare di raggiungere possibilmente quel “chiarore d’abisso vegetale” (M.Luzi) a cui è doveroso aspirare. E lungo tale itinerario l’autore sembra disegnare la mappa di un passato personale e ora rivitalizzato, rivisitato inoltre in quegli aspetti volti a dare una istituzione di senso agli intimi accadimenti, senza perdere di vista quello che è il dominio estetico dei testi.

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